Certamen Anxuris 2023: il testo scelto per la prova

Pubblicato: 01 settembre 2023

Tito Livio secondo 10 (con alcuni tagli)

“(10.2) pons sublicius iter paene hostibus dedit, ni unus vir fuisset, horatius cocles: id munimentum illo die fortuna urbis romanae habuit. [...]

Vadit inde in primum aditum pontis [...].

(8) circumferens inde truces minaciter oculos ad proceres etruscorum nunc singulos provocare, nunc increpare omnes: servitia regum superborum, suae libertatis immemores alienam oppugnatum venire.

(9) cunctati aliquamdiu sunt, dum alius alium, ut proelium incipiant, circumspectant; pudor deinde commovit aciem, et clamore sublato undique in unum hostem tela coniciunt.

(10) quae cum in obiecto cuncta scuto haesissent, neque ille minus obstinatus ingenti pontem obtineret gradu, iam impetu conabantur detrudere virum, cum simul fragor rupti pontis, simul clamor romanorum, alacritate perfecti operis sublatus, pavore subito impetum sustinuit.

(11) tum cocles «tiberine pater» inquit, «te sancte precor, haec arma et hunc militem propitio flumine accipias». Ita sic armatus in tiberim desiluit multisque superincidentibus telis incolumis ad suos tranavit, rem ausus plus famae habituram ad posteros quam fidei. (12) grata erga tantam virtute civitas fuit; statua in comitio posita; agri quantum uno die circumaravit datum.

Privata quoque inter publicos honores studia eminebant.”

Traduzione a cura del prof. Marcello Nobili con la collaborazione del prof. Angelo Luceri

Il ponte sublicio avrebbe ormai lasciato libero il passaggio ai nemici se non vi fosse stato un singolo guerriero, orazio coclite: le sorti della città di roma quel baluardo ebbero in quella giornata. […] avanza poi alla testa del ponte […] volgendo intorno minacciosamente gli occhi feroci verso i maggiorenti etruschi ora li sfidava a duello, ora tutti li scherniva chiamandoli schiavi di re superbi, che venivano ad opprimere la libertà altrui dimentichi della propria.

Quelli esitarono a lungo, lanciandosi sguardi a vicenda per vedere chi desse inizio allo scontro. Infine la vergogna mise in moto la schiera e dopo aver alzato il grido di battaglia, da ogni parte bersagliano con dardi quell’unico nemico.

Allorché i dardi si erano confitti tutti nello scudo usato a difesa, mentre orazio, senza arretrare di un passo, manteneva la posizione sul ponte con piede fermo, a forza di attacchi ripetuti tentavano di farlo vacillare ma il fragore del ponte che crollava e contemporaneamente il grido dei romani levatosi per la celerità con la quale avevano portato a termine l’opera, suscitando improvviso terrore aiutarono a resistere all’assalto. Allora coclite disse: «o padre tiberino, prego te, che sei santo.

Che tu riceva queste armi e questo combattente con propizia corrente».

E così armato com’era si tuffò nel tevere e nonostante cadessero numerosi dardi sulla sua testa riuscì a nuotare incolume fino ai suoi commilitoni, osando un gesto destinato ad avere più fama che credibilità presso i posteri.

Nei confronti di tanto grande atto di coraggio la cittadinanza fu grata: una statua fu collocata nel comizio; fu concessa una superficie coltivabile quanta aveva potuto circoscrivere con l’aratro in una giornata.

Inoltre anche i gesti di riconoscenza privati spiccavano in mezzo agli altri decretati pubblicamente.

La Referente del Certamen