Apprendisti Ciceroni nelle Giornate FAI di Primavera a Pontinia, “sulle vie dell’acqua”
Le Giornate di Primavera del FAI della delegazione di Latina, un appuntamento annuale finalizzato alla tutela e valorizzazione del patrimonio storico-artistico e ambientale del territorio a cui la nostra scuola da anni partecipa con il progetto di PCTO “Apprendisti Ciceroni”, quest’anno si sono svolte a Pontinia.
Nella trentaduesima edizione di questa manifestazione, la delegazione di Latina ha proposto “le vie dell’acqua”, ovvero l’apertura straordinaria di alcuni luoghi della bonifica dell’agro pontino; grazie alla collaborazione e al patrocinio del Comune di Pontinia e del consorzio di bonifica Lazio sud ovest è stato possibile visitare il Palazzo comunale di Pontinia, l’impianto idrovoro di Mazzocchio, uno dei più grandi d’Europa, la torre idrica che è stata oggetto di restauro, il MAP (Museo dell’Agro pontino) che pochi conoscono e la chiesa di Sant’Anna.
Nelle Giornate FAI di Primavera del 23 e 24 marzo 2024, 750 luoghi sono stati aperti in tutta Italia, grazie a migliaia di volontari del FAI e agli apprendisti Ciceroni, giovani studenti appositamente formati, per raccontare le bellezze del loro territorio; un territorio che va innanzitutto conosciuto, frequentato e prima ancora raccontato; infatti, la mission del FAI è curare il patrimonio culturale e paesaggistico raccontandolo.
Pontinia è il terzo comune fondato il 18 dicembre del 1935 nel territorio delle paludi bonificate, dopo Littoria, oggi Latina, e Sabaudia; fu progettata dagli uffici tecnici dell’Opera Nazionale per i Combattenti (ONC) quale “vasto e saldo centro rurale” dalla linea architettonica diritta, dai volumi cubici, con l’abolizione di tutti quegli accessori decorativi, ereditati dal classico o dal Barocco, sostituiti con decorazione policroma ottenuta dalla diversità di materiali. L’impianto urbanistico fu progettato dall’ingegnere Alfredo Pappalardo, con la consulenza artistica dell’architetto Oriolo Frezzotti. Il piano regolatore si sviluppava in strade armoniche e rettilinee le cui denominazioni ricordavano imperatori, papi, consoli e condottieri dell’antica Roma che invano avevano tentato la bonifica di queste terre. Risalgono al periodo di fondazione la casa del Fascio, la torre idrica, il Palazzo comunale e la chiesa di Sant’Anna con la sua forma unica in tutto l’agro pontino, infatti il campanile di 42 metri è incorporato nella facciata e svetta in alto a forma di canne d’organo in perfetto stile Novecento che arieggia lo stile normanno.
I primi abitanti provenivano principalmente dalle provincie di Ferrara e Mantova. Gli autori antichi, sia greci che latini, tra i quali Virgilio nell’Eneide e in particolare gli storici Tito Livio, Dionisio, Plutarco, Diodoro, Plinio il Vecchio, Dionigi di Alicarnasso ed altri, parlano del territorio pontino, magnificandone le città e la feracità dei territori. Tutto ciò, quindi, avvalora la tesi, poi definitivamente accertata, che la cosiddetta palude pontina sia stata preceduta da un fiorente Ager, l’Agro pontino. La palude pontina suscitò l’interesse presso storici, letterati, uomini di scienze, cronisti, semplici viaggiatori, che provenienti da ogni parte d’Europa, vi si recarono attratti dall’intima poesia racchiusa in una natura ancora incontaminata e raccontando un territorio modellato dall’acqua e intriso di cultura: “Sulla spiaggia del Mediterraneo presso il Monte Circeo giace la pianura pontina; è questa chiusa tra una catena di montagne che si estendono tra Cori e Terracina e dalla parte opposta da una collina che incomincia alle falde del Monte di Cori e procede sino al promontorio Circeo. Il piano è inclinato vero il golfo di Terracina dove si scaricano le acque per la foce detta di Badino. Questa palude, di cui è memoria sin dai primi tempi della Repubblica romana, si distese secondo le cure dei dominanti, fu ristretta dagli antichi Romani più volte e quindi dal goto re Teodorico. Posteriormente dilatossi ampiamente e rese impraticabile il tratto della via Appia che la attraversava fra Torre Tre ponti e Terracina.” ( A. Coppi, Annali d’Italia, Roma 1848).
“Vedesi poi la Palude Pontina, Palus Pontinia detta da Vibio Sequestro; così nomata, come vuole Strabone dalla città Pontia, già colonia de’ Romani fatta insieme con Suessa, secondo Livio nel nono. Ella è creata da due fiumi, cioè dall’Aufido secondo Strabone o sia Ufente secondo Plinio et da un altro minore di quello. Ne è fatto memoria di questo fiume da Vergilio.” (L. Alberti, Descrittione di tutta l’Italia, Bologna 1550).
Questa terra, oggi prospera e florida, un tempo era una regione malsana acquitrinosa, regno di insetti e animali pericolosi per la vita dell’uomo. Un’esistenza dura vissuta nelle capanne fatte di paglia e di lestre. E’ il ricordo dei butteri e dei guitti, provenienti per la maggior parte dalla Ciociaria che venivano in palude per lavorare per i”signori ignoti” come dice l’Aleardi, portando nella bisaccia “un tozzo di pane e salacca”. Il prosciugamento dell’area, lo sdradicamento della malaria e la costruzione dell’ampia rete di strade furono i requisiti primi per la bonificazione. Migliaia di uomini lavorarono in palude e nel 1934-35: con la bonifica idralulica-agraria e con l’appoderamento vennero a stabilirsi in Agro circa trentamila persone, nella stragrande maggioranza di origine veneta ed emilio-romagnola.
“Colui che oggi percorre la rete pontina di strade asfaltate, stenta a credere di trovarsi in automobile in quegli stessi luoghi che leggenda, letteratura e storia cantarono come regno della dea Febbre, ambasciatrice di morte”. (V. Rossetti, Nostra terra pontina, Roma 1973). La distesa acquitrinosa, le capanne di paglia, i rozzi barchini a fondo piatto che solcavano le acque stagnanti, i bufali affondati nel fango, ispirarono numerosi artisti, scrittori, poeti: Gregoriovius che ne parlò nelle sue Passeggiate per l’Italia; Rossini, che ne lasciò immagini varie nel suo Viaggio pittoresco; Gogol; gli inglesi Lear, Leith, Lissle, anch’essi paesaggisti; Corot, magistrale interprete dei paesaggi della campagna romana e pontina; e ancora Ermete Hebert, il cui quadro La malaria è conservato al Museo di Lussemburgo, per finire ai nostrani Mattej e Pinelli, che di questa zona hanno sottolineato gli aspetti più intimi e familiari. Ricordiamo ancora in epoca recente i maestri di Terracina Nino Costa, Aristide Sartorio e Duilio Cambellotti (un suo pannello illustra la storia della palude nella sala delle adunanze della Prefettura di Latina.
I ragazzi delle classi III B, IV B, IV A del Classico, III D, III E, III F, IV C, V C dello Scientifico “L. da Vinci”, guidati dalle insegnanti referenti del progetto Zaira Daniele, Gina Bracciale e Caterina De Santis, improvvisandosi guide turistiche, hanno accolto i turisti, giunti in loco per visitare la città, accompagnandoli con entusiasmo e sicurezza alla scoperta della storia dell’Agro pontino e della sua bonifica. I nostri “Ciceroni” nelle due giornate FAI del 23 e 24 marzo hanno lavorato instancabilmente ricevendo il plauso dei visitatori. Essi sono stati sensibilizzati al valore della tutela e della valorizzazione del patrimonio di arte e natura del nostro territorio pontino, attraverso un’esperienza di cittadinanza attiva e di arricchimento culturale che li ha fatti sentire direttamente coinvolti nella vita sociale, culturale ed economica della comunità, diventando esempio per altri giovani.