Anima et Animus in Scaena

Pubblicato: 03 giugno 2024 

 ALLA COMUNITÀ EDUCATIVA 

«Chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più... Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché - vivi germi - ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l’eternità.»

Da L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore

Il 29 maggio 2024 il nostro istituto ha partecipato alla VII Edizione della Rassegna dei Laboratori di Teatro Antico organizzata dal Liceo-ginnasio Foscolo, scuola capofila della R.N.L.C.T., e dall'amministrazione comunale di Albano Laziale, ottenendo finalmente un riconoscimento ufficiale per la brillantezza della messinscena dell'opera Il Tribunale dell'Anima.

Due giorni dopo, i nostri giovani talenti hanno debuttato in una prima assoluta nella città di Terracina, sotto la lodevole regia di S. Manciati ed A. Pomposelli, con il prezioso aiuto di M. Borsa e del coordinamento progettuale assunto dalle inossidabili docenti M.G. Coccoluto e F. Grillo. 

Particolare teatrale

A sorpresa, la location, per una serie di accidenti degni di Rocambole, è stata individuata nelle pertinenze del Liceo Leonardo da Vinci, sfruttando le gradinate di ingresso come palcoscenico ed avvalendosi del service generosamente offerto dall'Associazione locale 04019. La soluzione ha stupito un po' tutti, ma lo scetticismo generale ha lasciato il posto allo stupore per una commedia originale e particolare, costruita in modo ingegnoso, ma essenziale, con un notevole contributo degli studenti alla sceneggiatura, a partire dal modulo POC della scorsa annualità fino ad arrivare al laboratorio teatrale dell'a.s. corrente. 

Se lo spettacolo del 2023 ci aveva invitato a riflettere sulla guerra, prendendo spunto da un tragediografo greco (Euripide), quello attuale ha spinto gli spettatori a meditare sull'autonomia dei personaggi creati dal genio di vari autori, in particolare da Ovidio (Piramo e Tisbe) e da Shakespeare (Romeo e Giulietta). Il fulcro di questa performance è stato un 'processo' teso a mettere sotto accusa gli scrittori, per aver 'condannato a morte' personaggi che avrebbero voluto vivere e sopravvivere alle sventure e agli equivoci. Da un lato Afrodite, avvocata degli interlocutori delle composizioni drammatiche; dall'altro il premio Nobel per la Letteratura del 1934, a difesa degli 'scriptores'. Ognuno spiega le proprie ragioni, del cuore o del proprio estro; prendono la parola finanche il muro e il gelso del mito di Piramo e Tisbe, immortalato fra l'altro in un famoso affresco pompeiano, tuttora visibile in situ. Alla fine, dopo interventi brillanti, arguti, a tratti esilaranti, il giudice si pronuncia, ma la discussione generale, che nel frattempo si è accesa fra i vari interpreti, non rende comprensibile al pubblico la sentenza. In fondo, il finale aperto ha inteso rendere giustizia a tutti, nella consapevolezza che, come gli uomini e, dunque, gli scrittori sono soggetti all'ἀνάγκη (ossia al fato), così i personaggi sono soggetti agli autori che ne determinano gli esiti. Questa considerazione apre tanti scenari, a partire dal dualismo determinismo/libero arbitrio. Forse una delle più interessanti chiavi di lettura l'aveva intuita il genio di Pirandello, che considerava una fortuna nascere 'personaggio vivo', in quanto sarebbe stata l'unica via per l'eternità. In verità, il dramma di Giulietta e Romeo, come quello di Piramo e Tisbe, sono riproducibili all'infinito e consentono ai personaggi di rivivere negli attori e nelle nuove prospettive disegnate dai registi o dagli scrittori. Ma siamo così sicuri che invece non possa 'ridersi della morte' anche un autore? Viene facilmente alla mente l'apoteosi della poesia, quale strumento di immortalità, che propugnava Ugo Foscolo. Irrompe nella nostra memoria quanto cesellava il poeta di Venosa: "Ho compiuto un’opera memorabile, più durevole del bronzo,/ più elevata della regale mole delle piramidi" [...] "Non omnis moriar e la mia più grande/parte non scenderà a Libitinia/e crescerò di gloria sempre nuova” (Orazio, Carmina, III, 30, trad. it. Di L. Canali).

Grazie, ragazze e ragazzi, per averci piacevolmente intrattenuto e lasciato con dei dubbi, nella convinzione cartesiana che "dubium sapientiae initium".

Cordialmente,

il vostro Dirigente 

Prof. S.A.

Particolare teatro 2