Auguri natalizi e di buon anno nuovo del D.S.
ALLA COMUNITÀ EDUCATIVA
La rapidità con cui una notizia viene fornita dà l'illusione di vivere al centro degli avvenimenti, ma significa soltanto che siamo sottoposti a una propaganda ancora più intensa. [...] Secondo me la superficialità, non la rapidità, incide sulla percezione del presente.
N. Chomsky
Con tutte le nostre fragilità, insicurezze e perplessità sul futuro personale ed umano, ci accingiamo a vivere un altro Natale ed un altro anno nuovo. Mai come oggi avvertiamo un senso di disorientamento, perché bombardati da informazioni che non danno l'opportunità giusta di riflettere e trovare un senso nelle cose. Interrogandoci sulla fragilità dell'uomo, è inevitabile pensare ad una radice ontologica, che inevitabilmente richiama l'esistenza. L'accorata esortazione di Kierkegaard alla fede cristiana, intesa come sola proposta efficace per guarire la caducità dell'uomo, si contrappone, come ben evidenziato da M. Bizzotto, alla visione di Freud tesa ad individuare nel rapporto fra Dio e l'uomo la riproposizione della dipendenza del figlio dal padre, fonte del complesso di Edipo e dunque causa di nevrosi. La fragilità per Freud era pertanto espressione di dipendenza. L'auctoritas patris familiæ, affermandosi o manifestandosi in istituzioni, norme morali e precetti religiosi, si sarebbe tradotta in Super-Ego, aggravando la condizione già compromessa dello status di figlio. In questo quadro, sembra complicato prendere coscienza che anche il padre a sua volta sia figlio di un altro padre. Nasce allora un processo infinito, un legame di filiazione, che va senza soluzione di continuità dal figlio al padre. Ergo, il rapporto di figliolanza è costitutivo dell'uomo e definisce la sua condizione di dipendenza e fragilità; tuttavia, se è connaturato all'uomo, non può esser eliminato, e quindi andrebbe accettato. Il tentativo di cancellarlo, è non solo vano, ma anche nocivo, se non altro perché cozzerebbe con la stessa stessa natura (umana). Di conseguenza, si rischierebbe di inficiare il processo di maturazione e di superamento delle proprie debolezze. È un fatto che la fragilità dell'uomo si riveli anche nel rapporto di dipendenza interpersonale. Negarlo aggiungerebbe un ulteriore ostacolo alla 'promozione umana'. Non è eliminando ogni rapporto di dipendenza che si possa salvare l'uomo, bensì educandolo. Probabilmente il nocciolo del problema delle psicosi e delle nevrosi va più correttamente rintracciato nel momento in cui l'uomo ha sostituito al concetto di 'virtù' quello di 'valore', di stampo mercantile, e più recentemente quello di 'eccellenza'. L'autentico senso dell'esser virtuosi ha smesso di coincidere con il 'secundum naturam vivere', che, come sottolinea L. Miraglia, non è un ritorno allo stato di natura, ma una ricerca costante della 'natura umana', dato oggettivo, non dipendente dalla scelta arbitraria del singolo individuo. La natura umana è caratterizzata dal λóyos (logos), che Cicerone parafrasò con 'ratio et oratio', che rimandano al discorso interiore (o riflessione) e al discorso parlato. In questa prospettiva, forse non deve stupire se già Confucio partisse dalla famiglia, ovvero dal rapporto tra padre e figlio, per spiegare l'asimmetria insita in tutte le relazioni umane, asimmetria non ascrivibile solo a ragioni di carattere socio-economico. Di qui la necessità di un corpus di norme morali e di tradizioni che tengano sotto controllo le disuguaglianze e le rendano armonicamente funzionali alla civiltà, tendendo quanto più possibile all'equità. In tal senso, sarebbe auspicabile un ruolo attivo della comunità nell'orientamento di vita degli individui, attraverso una nuova etica tanto sganciata dalla logica consumistica e di competizione continua, quanto pregna di una visione diversa degli enti, che non sia succube della congiuntura economica. Il nucleo di questa etica rinnovata dovrebbe essere una morale interpretata come l'insieme delle regole sociali di condotta da osservare di propria iniziativa, secondo propria coscienza (radicalizzando il concetto di 'imperativo categorico' di Kant). La corruzione morale è un malanno incurabile di questa società ed è giunta al suo acme nel momento in cui il danaro ha cominciato a dettare legge su tutto. Una società, in cui la solidarietà e la collaborazione intrisa di 'mutuo appoggio', per dirla alla Kropotkin, costituiscano i fondamenti dei rapporti sociali, esige che un'etica rediviva e conforme alla sua natura regni su tutti i piani. In questa ottica, l'uomo non può essere visto come un individuo continuamente intento a soddisfare i propri bisogni materiali immediati, con risvolti narcisistici o frustrazioni da mancato possesso o fallito raggiungimento dell'obiettivo personale imposto dalla moda del momento. Credere solo alla virtù dello stimolo materiale riduce i rapporti umani alla mera relazione merce-moneta. Tutto ciò significa semplicemente umiliare la dignità dell'uomo, i suoi attributi sociali principali ovvero l'indipendenza (da intendersi come vitalità sociopolitica), la coscienza e la creatività. A tal proposito, risuonano in mente le parole di L. Geymonat: "[...] la libertà non è uno status che si possa raggiungere una volta per sempre oppure che, una volta conseguito, richieda solo di essere difeso. Al contrario, esso richiede di essere perennemente ampliato, approfondito, discusso. L'unico modo di difenderlo è quello di sottoporlo a continue critiche; è quello di potenziare la sua creatività". Pertanto, il mio augurio per quest'anno è: "Siate naturali", in tutti i sensi possibili ed immaginabili, giacché, come suggeriva C. Dickens, "lo scrittore che è naturale ha soddisfatto tutte le regole dell'arte". E questo principio è applicabile ad altri campi, scuola inclusa, nella consapevolezza che "la vulnerabilità è il punto in cui nascono l'innovazione, la creatività e il cambiamento", come, a ragion veduta, ha intuito la sociologa Brebé Brown.
Cordialmente,
il Dirigente
Prof. S.A.