Continua la rassegna cinematografica "la memoria del cinema, il cinema della memoria"

Le parole degli studenti del quinto anno

Tipologia

Progetti di integrazione

Anno

2022-2023

Stato

Presentato

Inizio

2023-02-28

Fine

2023-02-28

Obiettivi

Continuano gli appuntamenti della rassegna cinematografica organizzata nell'ambito del progetto didattico di promozione del linguaggio cinematografico e audiovisivo "la memoria del cinema, il cinema della memoria”, curato dal prof. Domenico di Fazio (responsabile scientifico) e dalla prof.ssa Marta Minà (referente), che rientra tra le iniziative del piano nazionale cinema e immagini per la scuola promosse dalla direzione generale cinema e audiovisivo del ministero della cultura (mic) e dallo stesso ministero dell'istruzione e del merito (mim).

Il giorno 22 febbraio 2023 infatti gli alunni delle classi quinte del liceo “Leonardo da Vinci” di Terracina si sono recati al cinema teatro Traiano per partecipare alla visione del film “quel giorno tu sarai” (2022) di Kornél Mundruczo.

L'esperienza ha permesso loro di arricchire il proprio bagaglio culturale, trattando un film dal taglio moderno, complesso e onirico, sul tema olocausto, che si discute anche nel loro percorso di studi.

Di seguito una testimonianza della giornata, nelle parole della nostra studentessa Beatrice Del Monte.

“Quel giorno tu sarai” è tratto da un'opera teatrale, elaborata dalla moglie del regista, basata sulla storia vera della propria madre. Tutto verte sull'esperienza di una famiglia che ha sofferto per questo scempio dell'umanità, raccontando in particolar modo l'esperienza della nonna Eva, ebrea ungherese nata ad Auschwitz, della figlia Lena e del giovane nipote Jonas, mettendo a confronto con la ferocia storia, le storie private di tre generazioni di “sopravvissuti”.

Il film ha lasciato in noi molti spunti di riflessione, ad esempio l'utilizzo dell'acqua come elemento visivo simbolico di purificazione e distruzione ricorrente durante tutto il film o la musica ad alto impatto emotivo, che compare sei volte durante la visione, quasi a ricreare lo schema ricorrente di una sinfonia.

Tra le scelte del regista vi è infatti la commistione tra l’utilizzo della musica classica e di quella contemporanea e moderna, che ha talvolta la funzione salvifica di “estraniare” i protagonisti dal mondo esterno che li circonda e li opprime. In questa pellicola è significativo anche l’utilizzo del silenzio, che viene utilizzato quasi quale contrappunto nei momenti di maggiore tensione, come, ad esempio, nella scena iniziale nelle camere a gas.   

La stessa cosa dicasi per il rumore, utilizzato, sempre nella sequenza iniziale delle camere a gas, identico a quello che viene proposto nel secondo episodio del film – la pellicola infatti è sistematicamente suddivisa in tre parti – nella scena dell’allagamento, all'apertura di un rubinetto.

Particolare anche l'utilizzo che si fa dei dialoghi, come quello che avviene nella seconda scena, fra la figlia Lena e la madre Eva.

Da questa successione di inquadrature si potrebbero citare porzioni di frasi e parole emblematiche come: “non approfittare di quella grande tragedia”, “a noi è andato tutto bene”, “ mi usano come una coccarda e mi diffameranno, resto comunque disperata e infelice”, “affogarmi o strangolarmi”,  “avere paura l'una dell'altra”, “ sfiducia nell'universo”, “avremmo potuto sopravvivere su un iceberg”, “non so cosa sia una buona infanzia”, “ mi nutrivo di lombrichi”, “tacere, non parlare: l'intelligente tace,  lo stupido parla”, “non voglio più essere una sopravvissuta”, che ben rappresentano la profondità del dramma esistenziale vissuto dalla protagonista, oppure ancora altri frammenti da una scena in cui compare il giovane Jonas, prigioniero dello stesso irrisolvibile dissidio nonostante la distanza di due generazioni: “non fanno altro che prendermi in giro già a scuola”, “ Io non sono ebreo”, “ cosa sono io?”,

“Ero cinese o tedesco?

Non lo so”.

Particolarmente pregnante per lo spettatore è poi il fatto che vi sia una visione immersiva, ovvero pochissimi tagli di montaggio all’interno del girato, dalle prime scene ambientate ad Auschwitz nei giorni della liberazione del campo, fino ad oggi.

In quella parte inziale, infatti, il piano sequenza elaborato dal regista risulta essere pressoché unico, vi è solo un taglio quando si vede un aereo nella prima scena e alla fine della sequenza quando vengono inquadrati degli uccelli, quasi a creare una struttura ad anello.

I piani inoltre sono sempre stretti – il formato prescelto, per scelta di linguaggio, è quello dei 4:3 - come a voler ricordare costantemente la condizione asfittica della camera a gas iniziale, si preferiscono insistenti primi piani sulle persone e spesso le sequenze vengono lasciate aperte.

Arrivando infine ad un’analisi dell’ideologia concettuale alla base del lavoro di Mundruczo, sono diverse le tematiche che fanno da filo conduttore in questo film e che è interessante approfondire, come ad esempio la differenza tra memoria e storia, quella memoria che alcune volte sembra fallire, diventa sempre più scolorita nel ricordo, mentre la storia continua a studiare e ad accanirsi su dati concreti.

Ma non solo.

Nel film emerge anche il tema dell’infanzia, sempre travagliata, e il grande nodo dell'amore, prima da parte di un estraneo, poi familiare, poi più sfaccettato come quello fra amanti.

L'identità, la diversità, le generazioni passate sono ancorate alla loro storia, mentre le nuove generazioni, incarnate dalla figura del ragazzo, sembrano ormai essere pronte a liberarsi delle proprie radici e delle propria identità, motivo ben esemplificato dal personaggio dell’amica di Jonas, immigrata musulmana trapiantata a Berlino, che fuori casa porta fiera il suo taglio corto ma si copre con il velo non appena deve tornare al cospetto della famiglia osservante. In definitiva, tutti protagonisti sono in un modo o nell’altro “vittime della memoria”: non solo gli adulti che più da vicino hanno vissuto le atrocità dell’olocausto, ma anche le generazioni dei nostri tempi, come Jonas, che si toglie volontariamente l’ultimo dente e nutre un gusto singolare per l’horror, proprio a voler simboleggiare attraverso l’escamotage del travestimento, una perdita – almeno temporanea – del peso della memoria. Insomma, il ricordo come potenza, o, ancora la tematica della maschera e dello specchio tanto care anche a Pirandello.

E infine, l’evoluzione.

 La rappresentazione si conclude infatti con il topos del bacio finale, anche se volutamente depurato di ogni elemento retorico o idillico.

Che forse racconta, ai protagonisti, ciò che un giorno potranno essere

Lunedì 27 febbraio gli studenti delle classi quinte hanno poi partecipato al terzo appuntamento della rassegna cinamatografica, assistendo alla proiezione del film-documentario di animazione “flee” (2021) di Jonas Poher Rasmussen, prodotto artistico che ha impegnato il regista per ben cinque anni e che indaga magistralmente i temi complessi dello sradicamento e della fuga, del barbaro traffico di esseri umani, della discriminazione religiosa e politica, della diversità. Il progetto continuerà nei prossimi giorni con i primi laboratori pomeridiani di analisi e critica del film e tecnica registica mercoledì 1 marzo e giovedì 2 marzo a partire dalle ore 14.30 presso l’aula magna e la biblioteca del nostro liceo.

La referente di progetto

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